A la rica Itàlia hi ha 7.500.000 pobres, el 12,9% de la població, 2/3 viuen al Sud

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Article de Rosaria Amato publicat a la Republica (04/10/07)

In stato d’indigenza l’11,1% della famiglie. Di solito si tratta di nuclei con tre o più figli nei quali il capofamiglia presenta un basso livello d’istruzione o è disoccupato

Istat, in Italia 7 milioni e mezzo di poveri I 2/3 vivono al Sud, sempre peggio gli anziani

ROMA – Due milioni e 623.000 famiglie in stato di povertà, corrispondenti a 7.537.000 persone, il 12,9 per cento della popolazione. La povertà nel 2006 è rimasta "sostanzialmente stabile", secondo l’Istat: interessa l’11,1 per cento delle famiglie residenti. In forte peggiomento però le condizioni degli anziani: solo tra loro, infatti, l’incidenza della povertà è aumentata da 5,8 a 8,2 per cento. E rimane più che mai marcato l’abisso tra Nord e Sud: nel Mezzogiorno vive il 65 per cento delle famiglie povere.

Ma i poveri del Sud vivono anche in condizioni peggiori: le famiglie in stato d’indigenza infatti presentano una spesa mensile inferiore del 22,5 per cento rispetto alla "soglia di povertà". L’incidenza della povertà è maggiore tra le famiglie numerose, con tre o più figli. Di contro, risulta meno diffusa tra i single e tra le coppie senza figli di giovani e adulti.

La soglia di povertà. Per il 2006 la "soglia di povertà", cioè la spesa mensile per consumi della famiglia al di sotto della quale un nucleo viene definito povero, è stata fissata dall’Istat in base all’indagine sui consumi a 970,34 euro per una famiglia di due persone (di tratta della cifra equivalente alla spesa media procapite). Per una persona sola la soglia di povertà si attesta a 582,20 euro di spesa mensile; per una famiglia di quattro a 1581,65 euro.


Caratteristiche delle famiglie povere. Risiedono al Sud, il capofamiglia presenta un basso livello d’istruzione o un basso livello professionale o è disoccupato, hanno molti figli o almeno un componente anziano: è l’identikit delle famiglie povere italiane, così come è delineato dall’Istat. "Si mantengono tutte le caratteristiche strutturali degli anni precedenti – spiega la responsabile dell’indagine sulle condizioni delle famiglie dell’Istat, Linda Laura Sabbadini – in condizioni peggiori le famiglie con tre o più figli".

Le differenze territoriali. Nel Mezzogiorno oltre un quinto delle famiglie residenti (22,6 per cento) è sotto la linea di povertà relativa. Nel Centro la percentuale è del 6,9 per cento, al Nord il 5,2 per cento. Al Sud, rileva l’Istat, "ad una più ampia diffusione del fenomeno si associa una maggiore gravità: le famiglie povere presentano una spesa media mensile di 752,01 euro (l’intensità è del 22,5 per cento) contro i 797,62 e 806,35 osservati per il Nord e il Centro". Di conseguenza, al Sud risiedono i tre quarti delle famiglie "sicuramente povere", la cui spesa media mensile è cioè inferiore di oltre il 20 per cento alla soglia minima. Mentre al contrario i tre quarti delle famiglie "sicuramente non povere" (cioè oltre il 20 per cento sopra la linea standard) risiedono al Nord. Al Sud, rileva Sabbadini, incide anche lo "scoraggiamento" delle donne: "Negli anni sta crescendo il livello di inattività femminile, e quindi ci sono sempre più famiglie monoreddito. Questo incide pesantemente sulla diffusione della povertà".

Single, anziani, disoccupati e working-poor. Solo il 3,3 per cento dei single è povero, e il 4,9 per cento delle coppie senza figli. La povertà in Italia sembra essere sempre più una condizione che si accompagna alle famiglie numerose: sono povere quasi un quarto dei nuclei con cinque o più componenti. L’incidenza sale al 30,2 per cento per le coppie con almeno tre figli minori. L’incidenza della povertà sale poi di almeno due punti sopra la media nazionale tra le famiglie di anziani (13,8 per cento, ma al Mezzogiorno una famiglia su quattro).

Sono povere il 49,4 per cento, praticamente la metà, delle famiglie "senza occupati nè ritirati dal lavoro": prive pertanto di un reddito, da lavoro o da pensione. In condizioni gravi anche le famiglie con un percettore di pensione e un componente alla ricerca di un lavoro: l’incidenza della povertà è il 28,3 per cento. Si tratta di famiglie con capofamiglia anziano, ritirato dal lavoro, e figli adulti conviventi disoccupati, diffuse soprattutto al Sud. "La presenza di occupati (e quindi di redditi da lavoro) – spiega Sabbadini – non è sufficiente a eliminare il forte disagio dovuto alla presenza di numerosi componenti a carico, soprattutto quando si tratta di working poor, cioè di persone che percepiscono un reddito basso".

Il peso dell’istruzione. Al basso titolo di studio si associa una forte incidenza della povertà, pari al 17,9 per cento, di quattro volte superiore rispetto a quella osservata tra le famiglie con a capo una persona che ha conseguito almeno la licenza superiore (5 per cento). Tra i tipi di attività lavorativa, quella più remunerativa sembra quella autonoma: infatti l’incidenza della povertà è minima se la persona di riferimento c’è un lavoratore autonomo (7,5 per cento), in particolare se si tratta di un libero professionista (3,8 per cento). Per i lavoratori dipendenti la percentuale di poveri sale al 9,3 per cento, e per gli operai o assimilati al 13,8 per cento. Se però la famiglia con a capo un operaio vive al Sud, la percentuale raddoppia (27,5 per cento). (4 ottobre 2007)

Aquesta entrada s'ha publicat en Sense categoria el 4 d'octubre de 2007 per Josep Arasa

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