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27 d'abril de 2012
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Esquerra Republicana come l’Araba Fenice

Quest’articolo è il risultato di un’intervista con Paola Lo Cascio, docente di Storia Contemporanea all’Università di Barcellona e ricercatrice presso il Centre d’Estudis Històrics Internacionals di Barcellona. 

Esquerra Republicana de Catalunya – ERC – nasce nel marzo del 1931. Oltre a diversi gruppi e movimenti locali, ERC raccoglie il Partit Republicà Català di Lluís Companys, il gruppo L’Opinió e l‘Estat Català di Francesc Macià che ne risulta eletto presidente per acclamazione. 

Il partito egemonico del sistema politico catalano, durante tutti gli anni 30, sarà ERC. Alla fine della guerra civile, però, la metà circa dei suoi 70.000 iscritti partirà per l’esilio e almeno 15.000 finiranno imprigionati o uccisi. Nonostante ERC mantenga la presidenza della Generalitat in esilio – prima con Josep Irla e poi con Josep Tarradellas –  il partito vive una grande crisi. Praticamente inesistente in patria, in Francia e in sudamerica, i suoi dirigenti spesso polemizzano duramente fra di loro, ma soprattutto perdono il contatto con la realtà di una Catalogna che nei lunghi anni della dittatura, vive cambiamenti sociali ed economici profondissimi.

Nonostante il ritorno trionfale di Tarradellas a Barcellona nell’autunno del 1977, i primi risultati elettorali di Esquerra Repúblicana de Catalunya dopo la dittatura sono ben lontani dall’egemonia degli anni 30. Un partito invecchiato e spesso incapace di interpretare la nuova realtà , nel primo decennio democratico postfranchista, diverrà praticamente un satellite dell’ascendente forza del nazionalismo pujolista.
Il rinnovamento arriva soltanto negli anni 90, portato da nuovi dirigenti come Àngel Colom e Josep-Lluís Carod-Rovira  che lo connotano come il partito indipendentista per antonomasia. A metà degli anni Novanta il partito rivendica quote di autogoverno sempre maggiori, sollecitando anche la riforma dello Statuto d’Autonomia. 
Con l’opposizione netta al patto fra Convergència i Unió (CIU) di Jordi Pujol e il Partido Popular di Josè María Aznar, nel 2003 arriva Il boom elettorale.
 
La partecipazione al governo della Generalitat  de Catalunya a fianco di PSC e ICV-EUiA  mette a dura la prova la coesione del gruppo dirigente e ne evidenzia tutti i limiti, come si dimostra non solo nell’azione di governo, ma anche nel caso del lungo contenzioso legato all’approvazione dello Statuto del 2006.  
A partire da questi fatti comincia un vertiginoso calo di consensi, fino alle elezioni autonomiche del novembre 2010 con il ritorno al potere della coalizione Convergència i Unió Democràtica de Catalunya (CIU) e l’elezione di Artur Mas Presidente della Generalitat.
 
Dopo un faticoso lavoro di ricucitura e di consolidamento, ERC sembra essere riuscita a voltare pagina. Alle elezioni generali del novembre 2011 ottiene risultati relativamente soddisfacenti  mentre  entrano nel direttivo nazionale molte facce nuove, tra cui anche due professori universitari. 
Alfred Bosch, docente di storia, scrittore e leader dei referendum autogestiti sull’indipendenza della Catalogna – che hanno portato 1.500.000 di cittadini a simulare una consultazione – è ora presidente del gruppo al Congreso de los Diputados di Madrid e Oriol Junqueras, sindaco di un paese dell’hinterland e docente di storia economica, è eletto Presidente del partito. 
Già dai primi mesi di attività si percepisce un cambio di leadership ed un avvicinamento a CiU e arrivano i primi risultati. Mentre scriviamo, a fine aprile 2012, il presidente Oriol Junqueras sta trattando l’appoggio al governo catalano per minare l’alleanza di CIU con il Partit Popular de Catalunya.
Tutto lascia pensare che Esquerra Republicana de Catalunya, come l’Araba Fenice, risorgerà ancora una volta dalle ceneri.

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