Il Tribunale Superiore di Giustizia di Catalogna, dopo due giorni di sala di consiglio, ha deciso di obbligare le scuole medie catalane ad impartire l’insegnamento in castigliano, nel caso che le famiglie lo richiedano. Quello che sembra non essere messo in discussione – senza aver ancora letto la sentenza – è il modello dell’immersione linguistica.
La decisione è conseguenza della denuncia fatta da tre sole famiglie dopo che una sentenza del Tribunale Costituzionale ha annullato alcune parti dello Statuto d’Autonomia di Catalogna, fra cui quelle relative alla cosiddetta “immersió linguistica”. Si tratta di un metodo, imposto da una legge votata dal Parlamento di Catalogna, che tutela la lingua catalana anche assumendola come principale nell’insegnamento delle scuole primarie e secondarie.
Sull’argomento si è scatenata da tempo una polemica che vede contrapposti due modi di vedere la lingua in Catalogna. Da una parte quelli che vedono l’immersione come l’unico metodo, ancorché insufficiente, per preservare attraverso la scuola la lingua e la cultura del paese, dall’altra quelli che pensano che ogni famiglia debba poter essere libera di scegliere la lingua con cui educare i propri figli.
Va detto che il metodo d’insegnamento in vigore dal 1983 fino ad oggi 8 marzo 2012 è stato avallato e lodato da diversi paesi e dall’Unione Europea come esemplare per l’integrazione di tutti gli scolari, tenendo anche presente che in Catalogna negli ultimi dieci anni sono arrivate circa un milione e mezzo di persone – che su sette e mezzo sono parecchie – e tutte non sono di lingua madre catalane. Grazie alla scuola, bambini di origine pachistana, cinese, africana o italiana, possono comunicare fra loro nella lingua del paese che li ospita.
Resta da vedere se e come il sistema scolastico pubblico catalano accetterà e applicherà la sentenza.
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