31 d'octubre de 2008
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LLEGIU GOMORRA DE ROBERTO SAVIANO!

Vet aquí la carta que va publicar a La Reppublica: impressionant i fonda. Un ver escriptor, un ver ciutadà, UN VER LLUITADOR.

Su Repubblica.it oltre 150mila firme aderiscono altri premi Nobel
“Ringrazio chi in questi giorni ha sentito che il mio dolore era anche il suo dolore”

Saviano: “Ogni voce che resiste
mi rende meno solo”

di ROBERTO SAVIANO

Saviano:

Roberto Saviano


GRAZIE
per tutto quanto state facendo. È difficile dimostrare quanto sia
importante per me quello che è successo in questi giorni. Quanto mi
abbia colpito e rincuorato, commosso e sbalordito sino a lasciarmi
quasi senza parole. Non avrei mai immaginato che potesse accadere
niente di simile, mai mi sarei sognato una tale reazione a catena di
affetto e solidarietà.
Grazie al Presidente
della Repubblica, che, come già in passato, mi ha espresso una
vicinanza in cui non ho sentito solo l’appoggio della più alta carica
di questo paese, ma la sincera partecipazione di un uomo che viene
dalla mia terra.

(…)
Grazie al presidente del Consiglio e a quei ministri che hanno voluto
dimostrarmi la loro solidarietà sottolineando che la mia lotta non
dev’essere vista disgiunta dall’operato delle forze che rappresentano
lo Stato e anche dall’impegno di tutti coloro che hanno il coraggio di
non piegarsi al predominio della criminalità organizzata. Grazie allo
sforzo intensificato nel territorio del clan dei Casalesi, con la
speranza che si vada avanti sino a quando i due latitanti Michele
Zagaria e Antonio Iovine – i boss-manager che investono a Roma come a
Parma e Milano – possano essere finalmente arrestati.

Grazie all’opposizione e ai ministri ombra che hanno appoggiato il mio
impegno e quanto il governo ha fatto per la mia sicurezza. Scorgendo
nella mia lotta una lotta al di là di ogni parte.

Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle
piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere lì,
in ogni piazza, ad ascoltare. A vedere ogni viso. A ringraziare ogni
persona, a dirgli quanto era importante per me il suo gesto.

Perché ora quelle parole non sono più le mie parole. Hanno smesso di
avere un autore, sono divenute la voce di tutti. Un grande, infinito
coro che risuona da ogni parte d’Italia. Un libro che ha smesso di
essere fatto di carta e di simboli stampati nero su bianco ed è
divenuto voce e carne. Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il
suo dolore e ha provato a immaginare i morsi della solitudine.

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Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella
mia stessa condizione rendendole così un po’ meno sole, un po’ meno
invisibili e dimenticate.
Grazie a tutti coloro
che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e diffamato la mia
terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non facendomi
sentire come uno che si è messo nei guai da solo e ora è giusto che si
arrangi.

Grazie a chi mi ha difeso dall’accusa di essere un fenomeno mediatico,
mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento per
mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere
telespettatori.

Grazie alle trasmissioni televisive che hanno dato spazio alla mia
vicenda, che hanno fatto luce su quel che accade, grazie ai
telegiornali che hanno seguito momento per momento mutando spesso la
scaletta solita dando attenzione a storie prima ignorate.

Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e
commenti, grazie specialmente a Fahrenheit (Radio 3) che ha organizzato
una maratona di letture di Gomorra in cui si sono alternati personaggi
della cultura, dell’informazione, dello spettacolo e della società
civile. Voci che si suturano ad altre voci.

Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa,
alle testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a
riflessioni e approfondimenti.
Da questo Sud spesso
dimenticato si può vedere meglio che altrove quanto i media possano
avere talora un ruolo davvero determinante. Grazie per aver permesso,
nonostante il solito cinismo degli scettici, che si formasse una nuova
sensibilità verso tematiche per troppo tempo relegate ai margini.
Perché raccontare significa resistere e resistere significa preparare
le condizioni per un cambiamento.

Grazie ai social network Facebook e Myspace, da cui ho ricevuto
migliaia di messaggi e gesti di vicinanza, che hanno creato una
comunity dove la virtualità era il preludio più immediato per le
iniziative poi organizzate in piazza da persone in carne e ossa.

Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi,
grazie a tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del
mio libro in classe. Grazie alle scuole che hanno sentito queste storie
le loro storie.
Grazie a tutte le città
che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a queste chiedo di avere
altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e a non considerare
estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli intrecci della
criminalità organizzata.

E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di
tante nazionalità che hanno scritto e firmato un appello in mio
appoggio, scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che
travalica le problematiche di questo paese e facendomi sentire a pieno
titolo un cittadino del mondo.

Eppure Cesare Pavese scrive che “un paese ci vuole, non fosse che per
il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere
che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che
anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.


Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa più dura era che
nessuno fosse lì ad aspettarmi. Ora so, grazie alle firme di migliaia
di cittadini, che non è più così, che qualcosa di mio è diventato
qualcosa di nostro. E che paese non è più – dopo questa esperienza –
un’entità geografica, ma che il mio paese è quell’insieme di donne e
uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare,
ciascuno facendo bene le cose che sa fare. Grazie.

(22 ottobre 2008)
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